Rapporti tra imprese e banche e rilievo della sostenibilità ambientale in ottica delle relazioni con gli istituti di credito sono stati al centro dell’indagine condotta dal Centro Studi di Confapi Lombardia su un campione di 300 aziende con sede sul territorio regionale. Un’analisi dalla quale emerge un processo di ricapitalizzazione condotto, negli ultimi due anni successivi allo shock da pandemia e da crisi delle forniture, da più di quattro intervistate su dieci. Inoltre, il rapporto di indebitamento, nel complesso, migliora. Nel medesimo arco temporale, infatti, diminuiscono (31%) o restano stabili (43%) i debiti a medio-lungo termine. Stesso trend per i debiti a breve, che si contraggono per il 32% del campione e restano invariati per il 51%.
Ma le imprese lombarde dimostrano dinamismo anche in questo non facile inizio di 2024. Nei primi nove mesi, infatti, sebbene il 76% dichiari di non aver acceso nuove linee di credito, il restante 24% lo ha fatto per implementare investimenti (70%). Va, allo stesso tempo, evidenziato che 3 aziende su 10 hanno dovuto attingere a nuove risorse finanziare per coprire i costi dei materiali. L’indagine qualitativa relativa ai rapporti con gli istituti di credito evidenzia una solida fedeltà da parte delle Pmi lombarde, le quali registrano una durata media del rapporto con la prima banca di 24 anni. Meritano evidenza, però, il 27% del campione che vi si appoggia da più di 30 anni e l’8,5% che, addirittura, mantiene la relazione da più di 50 anni. Numeri di grande impatto che si combinano, però, con un giudizio negativo da parte del 56% degli intervistati al servizio a seguito della riforma del sistema bancario. Assenza di rapporto con personale di riferimento (77%), peggioramento insito nella stessa trasformazione del sistema (61%), maggiori richieste di documentazione (51%) e tempistiche di approvazione e avvio linee di credito dilatati (44%) sono le principali ragioni di questa insoddisfazione. Ancora embrionale, infine, la relazione tra impegno per la sostenibilità ambientale dell’impresa e istituti di credito. Se, infatti, il grado di conoscenza (67%) e di adozione in azienda (56%) di azioni per contenere l’impatto ambientale delle proprie attività sia nel complesso buono, il 58% del campione non ritiene vi sia rilevanza nei rapporti con le banche. E, inoltre, il 46% ritiene che sostenibilità ambientale e competitività sui mercati non registrino interconnessioni. Ne deriva che il 57% del campione ritenga non risieda alcuna utilità della sostenibilità ambientale nei processi di affido creditizio.«I numeri trasferiscono prerogative delle nostre Pmi che permangono inalterate nel tempo – commenta il presidente di Confapi Lombardia, Pierluigi Cordua -. Le proprietà delle nostre aziende dimostrano grande impegno finanziario volto a garantire solidità e prospettive, anche a fronte di instabilità e difficoltà di mercato. Un approccio che equivale, altresì, ad una grande attenzione alla forza lavoro, verso la quale si garantiscono prospettive nel tempo». Una responsabilità «che si somma a relazioni estremamente forti con le banche, durature nel tempo e anche a fronte di passaggi generazionali – continua il presidente -, ma che sono chiamate ad un’ulteriore evoluzione». Sebbene, infatti, «gli obiettivi della transizione green imposti dall’Ue mostrino anche evidenti forzature o storture, i nostri imprenditori sono chiamati, ora più che mai, ad intercettare il cambiamento – conclude Cordua -. I mercati stanno raggiungendo la maturità rispetto a produzioni e processi più sostenibili e gli istituti di credito sono elementi chiave in questa trasformazione. Rimanere al di fuori di questa triangolazione ora potrebbe rappresentare un ritardo competitivo difficilmente colmabile in futuro».
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